Minimo individuale per persone in cerca di lavoro (Arbeitslosengeld II / Grundsicherung für Arbeitsuchende)

Il 1° gennaio 2005 è entrata in vigore la normativa del tomo II del Codice di Previdenza che dispone la confluenza del sussidio di disoccupazione e del sussidio sociale nel “minimo individuale per persone in cerca di lavoro”. In tal modo si è venuto a creare per la prima volta un pacchetto organico di prestazioni destinate alle persone abili al lavoro, ma bisognose di sostegno perché disoccupate o perché mancanti del reddito o del patrimonio necessario al proprio sostentamento.

Gli Enti che erogano il minimo individuale per persone in cerca di lavoro sono l’Agenzia Federale del lavoro, i comuni, i comuni-distretto e i distretti (Enti comunali).

  • Tra le competenze degli Enti comunali rientrano in particolare le prestazioni volte ad assicurare l’alloggio, il riscaldamento, l’assistenza dei figli, la consulenza in materia di indebitamento e di dipendenze e l’assistenza psicologica.
  • Tra le competenze dell’Agenzia Federale del lavoro rientrano in particolare tutte le prestazioni volte a assicurare l’inserimento nel mercato del lavoro e il sostentamento, ivi compreso il versamento dei contributi sociali.
  • Nel quadro della cosiddetta clausola di sperimentazione tutti i 69 Enti comunali si sono fatti carico anche delle mansioni di competenza delle Agenzie del lavoro.

Comunità di lavoro

Le norme vigenti (art. 44b II CPS) dispongono che, al fine di assicurare la cooperazione delle Agenzie del lavoro con gli Enti comunali, si costituiscano di norma comunità di lavoro in seno alle quali le Agenzie del lavoro e gli Enti comunali possono collaborare per adempiere congiuntamente i loro compiti.

Il 20 dicembre 2007, tuttavia, la Corte costituzionale federale ha statuito che le comunità di lavoro costituiscono un’amministrazione mista inconciliabile con la Legge fondamentale e ha riconosciuto al legislatore un periodo di transizione – che scadrà alla fine del 2010 – per ripristinare una situazione di costituzionalità. Il trattamento dei beneficiari del minimo individuale non subirà alcuna modifica.

Enti comunali riconosciuti

In forza di un regolamento legislativo, il Ministero Federale del Lavoro e degli Affari sociali ha abilitato 69 Enti comunali ad erogare prestazioni ai sensi del tomo II CPS a partire dal 1° gennaio 2005. L’abilitazione è stata successivamente prorogata fino al 31 dicembre 2010.

Il principio “aiutare ed esigere”

Il minimo individuale per persone in cerca di lavoro mira a rafforzare il senso di autonomia e di responsabilità delle persone indigenti abili al lavoro e delle persone che vivono nel loro nucleo familiare e a consentire loro di provvedere al proprio

sostentamento con mezzi e capacità proprie. Questo trattamento è volto a facilitare 42

la ricerca o il mantenimento di un’attività retribuita da parte di persone indigenti abili al lavoro e a garantirne il sostentamento se esso non è altrimenti assicurato.

Il minimo individuale per persone in cerca di lavoro permette alle persone indigenti abili al lavoro di accedere alle necessarie prestazioni di consulenza, di collocamento e di integrazione erogate da un’unica fonte. Chi percepisce l’indennità di disoccupazione II può beneficiare di tutte le prestazioni per l’integrazione previste dal tomo III del Codice di Previdenza Sociale, nonché di prestazioni specifiche – quali l’assegno di inserimento o le prestazioni per l’integrazione dei lavoratori autonomi – appositamente calibrate sulle esigenze di questa categoria di persone. Grazie all’assistenza dei consulenti personali, le prestazioni individuali specifiche possono tradursi più facilmente nell’attivazione delle persone bisognose di aiuto: le persone in cerca di lavoro e l’Agenzia del lavoro stipulano infatti il cosiddetto accordo di inserimento, con cui definiscono in termini cogenti le iniziative da intraprendere insieme per raggiungere l’obiettivo, che considera peraltro la situazione specifica della persona bisognosa e dei suoi familiari.

L’indennità di disoccupazione II è finanziata grazie al gettito fiscale, cioè con fondi della collettività, che è dunque interessata a fornire gli interventi per l’inserimento più adeguati, ma ha anche il diritto di esigere che la persona in cerca di lavoro dia prova di spirito di iniziativa e collabori attivamente. Sostenere ed esigere sono dunque due principi equiparati, da attuare insieme.

Ci si attende pertanto che i titolari di indennità di disoccupazione II si adoperino, nella misura del possibile, per porre fine al più presto alla loro dipendenza dagli aiuti statali – e, quindi, agli oneri finanziari che essi comportano per la comunità.

Chi riceve l’indennità di disoccupazione II?

L’indennità di disoccupazione II è riconosciuta alle persone bisognose di aiuto e abili al lavoro di età compresa tra i 15 e i 65 anni. È abile al lavoro chi è in grado di lavorare almeno tre ore al giorno alle condizioni abituali nel mondo del lavoro. È bisognoso di aiuto chi non è in grado di provvedere al proprio sostentamento e a quello dei suoi congiunti conviventi all’interno dello stesso nucleo familiare né con forze (manodopera) o mezzi propri (reddito e patrimonio), né con l’aiuto di terzi.

L’assegno sociale è riconosciuto alle persone bisognose di aiuto e inabili al lavoro che convivono con titolari di un’indennità di disoccupazione II all’interno dello stesso nucleo familiare.

Ambedue le tipologie di prestazioni (indennità di disoccupazione II e assegno sociale) presentano gli stessi elementi costitutivi, sono erogate in anticipo e concesse di volta in volta, generalmente per periodi di sei mesi.

I giovani hanno diritto al minimo per persone in cerca di lavoro?

Per dare a tutti la possibilità di accedere al mondo del lavoro la legge stabilisce che i giovani di meno di 25 anni beneficino di un’assistenza particolare: se presentano una richiesta di indennità di disoccupazione II essi devono ricevere prontamente una proposta di formazione professionale, di lavoro, di tirocinio, di qualificazione, di partecipazione a un percorso propedeutico al lavoro o di opportunità professionali. Se sono bisognosi, i giovani di più di 15 anni abili al lavoro percepiscono l’indennità di disoccupazione II a titolo di prestazione per il sostentamento. La constatazione della loro abilità al lavoro (vedi sopra) non si basa sul fatto che, ad esempio a causa della frequenza scolastica, non sono in grado di svolgere un’attività lavorativa, quanto piuttosto sulla loro capacità teorica di svolgere una tale attività.

È obbligatorio accettare ogni tipo di lavoro?

Come disposto dall’art. 10 tomo II CPS, in linea di principio va accettato ogni tipo di lavoro fatti salvi, ad esempio, comprovati motivi ostativi di natura fisica, mentale o psichica o occupazioni da considerarsi immorali a causa della retribuzione troppo esigua. Anche la necessità di accudire figli di meno di tre anni o di fornire assistenza continua a famigliari non autosufficienti può essere considerata ragione sufficiente per rifiutare una proposta di lavoro. Si possono inoltre far valere altri importanti motivi di rifiuto – in particolare la frequenza di un istituto scolastico che impartisce una formazione generale.

Chi rifiuti ripetutamente un lavoro, un tirocinio o un intervento di integrazione ragionevolmente accettabili può invece andare incontro ad una riduzione o alla cessazione dell’indennità di disoccupazione.

In questi casi il trattamento in denaro può essere ridotto di circa 100 euro in una prima fase di tre mesi. Il diritto a percepire l’indennità di disoccupazione II decade completamente se il beneficiario viola i suoi obblighi per tre volte nell’arco di un anno.

In caso di riduzione o cessazione dell’indennità di disoccupazione II decade anche la sovvenzione temporanea versata durante la transizione dall’indennità di disoccupazione I all’indennità di disoccupazione II.

Per i beneficiari di meno di 25 anni sono previste sanzioni più severe, che comportano la cessazione totale dell’indennità di disoccupazione II già con la seconda violazione dell’obbligo di accettare un lavoro. Se la persona indigente abile al lavoro si dichiara successivamente disposta a ottemperare ai propri obblighi e alla luce di tutte le circostanze del caso specifico, può essere ripresa l’erogazione delle prestazioni per la copertura delle spese di alloggio e di riscaldamento. Alla luce di tutte le circostanze del caso specifico, la sanzione può inoltre essere ridotta ad un periodo di sei settimane.

Entità, durata e modalità di corresponsione

In sede di quantificazione dell’indennità di disoccupazione II va considerato un principio fondamentale: diversamente dal vecchio sussidio di disoccupazione, l’indennità di disoccupazione II non è una prestazione sostitutiva della retribuzione con carattere assistenziale, bensì una prestazione statale di natura esclusivamente assistenziale subordinata alla situazione di bisogno e ad essa commisurata. Per questo motivo l’entità della nuova prestazione in denaro, chiamata indennità di disoccupazione II, non è legata all’importo dell’ultima retribuzione netta percepita per un’attività lavorativa, ma alle necessità effettive della persona bisognosa abile al lavoro e dei suoi congiunti conviventi all’interno del nucleo familiare (coniuge/convivente e figli fino al compimento del 25 anno di età).

Nel quadro dell’indennità di disoccupazione II le persone bisognose abili al lavoro ricevono prestazioni per il sostentamento, incluse le spese considerate proporzionate di alloggio e riscaldamento.

Le prestazioni in denaro sono ridotte in considerazione del reddito e del patrimonio del beneficiario. Le prestazioni di legge per il sostentamento riconosciute alle persone bisognose di aiuto abili al lavoro assicurano – oltre al soddisfacimento delle necessità alimentari e igieniche, del fabbisogno di suppellettili domestiche e delle esigenze della vita quotidiana – anche le relazioni con l’ambiente circostante e la partecipazione alla vita culturale. Le prestazioni di legge fanno fronte alle necessità ordinarie e straordinarie e possono servire anche al pagamento delle bollette della luce, dell’acqua calda, delle spese dei mezzi di trasporto pubblici o dell’auto privata.

L’importo integrale delle prestazioni di legge è corrisposto ai single, alle persone che allevano da sole un figlio e alle persone con conviventi minorenni. Gli aventi diritto alle prestazioni ricevono così un importo forfetario per l’acquisizione di tutti i beni rientranti nel fabbisogno di base. In determinati casi possono essere coperte anche le spese supplementari (fabbisogno supplementare) non comprese nelle prestazioni di legge:

  • per gestanti a partire dalla tredicesima settimana di gravidanza,
  • per persone che allevano da sole i figli, in funzione dell’età e del numero dei bambini,
  • per la partecipazione alla vita lavorativa delle persone disabili e
  • per l’alimentazione quando, per motivi medici, è comprovata la necessità di un’alimentazione particolarmente costosa.

Il fabbisogno supplementare totale per il sostentamento non può superare l’importo complessivo delle prestazioni di legge applicabili. Le prestazioni economiche mensili costituiscono un budget da gestire in piena autonomia e, quindi, sotto la propria responsabilità. Se tuttavia tali prestazioni dovessero risultare insufficienti, può essere valutata anche l’opportunità di concedere prestiti integrativi. In aggiunta alle prestazioni di legge, che coprono i bisogni ordinari, possono essere erogate separatamente prestazioni per

  1. l’arredamento di base dell’abitazione, elettrodomestici compresi,
  2. il guardaroba di base e la dotazione di base caso di gravidanza e di parto, e
  3. i viaggi scolastici di più giorni previsti dalle normative scolastiche.

Ha diritto a prestazioni una tantum anche chi non percepisce il trattamento di minimo perché non presenta il requisito della necessità, ma non dispone del reddito sufficiente a coprire completamente un’esigenza straordinaria.

Spese di alloggio: con l’indennità di disoccupazione II non è più necessario richiedere il sussidio d’alloggio. Nel quadro dell’indennità di disoccupazione II/assegno sociale, infatti, i comuni si fanno carico dei costi di un’abitazione proporzionata e delle spese di riscaldamento per l’intero nucleo familiare, ivi compresa la bolletta dell’acqua e le spese fognarie. I comuni possono intervenire anche nel caso di affitti arretrati, erogando un prestito se il rischio di sfratto è imminente. La proporzionalità delle spese di alloggio è stabilita dai comuni nel quadro delle loro competenze.

Se un trasloco è irragionevole o impossibile o se non si consegue una riduzione dei costi di locazione, a.e. tramite un subaffitto, le spese di abitazioni sproporzionatamente grandi o costose sono sostenute per un periodo massimo iniziale di sei mesi, al termine del quale si decide caso per caso se ridimensionare la prestazione riducendola alla quota di spesa considerata proporzionata.

Nei casi in cui i comuni insistono affinché il beneficiario traslochi, essi devono però farsi carico delle spese di trasloco, dei costi del reperimento di un’altra abitazione e della cauzione. La stessa norma si applica anche alle situazioni in cui il trasloco si rende necessario per altri motivi, ma non è possibile trovare una nuova abitazione in un arco di tempo adeguato.

Allo scopo di mitigare le difficoltà economiche, nella fase di transizione dall’indennità di disoccupazione alle prestazioni di minimo individuale per persone in cerca di lavoro può essere corrisposta per un massimo di due anni una maggiorazione temporanea che riconosce i diritti precedentemente maturati dall’ex-titolare dell’indennità di disoccupazione presso l’assicurazione contro la disoccupazione, spesso tramite numerosi anni di attività lavorativa precedenti al percepimento del minimo individuale per persone in cerca di lavoro.

La maggiorazione temporanea ammonta a due terzi della differenza tra l’ultima indennità di disoccupazione percepita -sommata al sussidio d’alloggio-, e l’indennità di disoccupazione II/assegno sociale (al netto di ogni trattamento supplementare).

Nel primo anno di erogazione la maggiorazione ammonta a

  • un massimo di 160 euro per i single
  • un massimo di 320 euro per i coniugi (conviventi) che vivono sotto lo stesso tetto,
  • un massimo di 60 euro per ogni figlio convivente con l’avente diritto alla maggiorazione.

La maggiorazione è dimezzata nel secondo anno di erogazione e cessa definitivamente due anni dopo il versamento dell’ultima indennità di disoccupazione.

Contribuzione sociale

Le persone indigenti abili al lavoro non ancora coassicurate tramite un famigliare devono essere assicurate presso un Ente assicurativo pubblico contro le malattie e l’infermità. I titolari dell’assegno sociale sono generalmente assicurati contro le malattie e l’infermità nel quadro della polizza famigliare di un congiunto.

Le persone bisognose abili al lavoro sono obbligatoriamente assicurate nel quadro dell’assicurazione pensionistica pubblica. I beneficiari dell’indennità di disoccupazione sono esentati dall’obbligo assicurativo presso il regime pensionistico pubblico ricevono per tutta la durata del trattamento una sovvenzione per i contributi che versano a titolo volontario all’assicurazione pensionistica pubblica o ad un altro regime previdenziale privato.

Prevenzione delle situazioni di necessità mediante l’assegno famigliare integrativo

In passato, i genitori con redditi bassi dipendevano spesso dal sussidio sociale anche per il sostentamento dei figli. Ora i genitori che non sono in grado di sostentare i figli pur provvedendo generalmente a se stessi con mezzi propri (reddito o patrimonio) possono percepire il cosiddetto assegno familiare integrativo se ciò evita alla famiglia di dover richiedere un’indennità di disoccupazione II o un assegno sociale esclusivamente per assicurare il sostentamento dei figli.

Hanno diritto a questa prestazione i genitori che riescono a soddisfare il fabbisogno complessivo della famiglia sommando il proprio reddito, l’assegno famigliare integrativo e, se necessario, un’indennità d’alloggio integrativa. Il reddito considerato a questo fine deve ammontare almeno a 900 euro (per le coppie) o a 600 euro (per le famiglie monoparentali).

L’assegno famigliare integrativo può raggiungere i 140 euro mensili per figlio e va richiesto alla Cassa per la famiglia, che versa anche gli assegni familiari. L’ammontare del reddito familiare massimo per l’ottenimento dell’assegno famigliare integrativo dipende dall’importo del canone di affitto e dall’eventuale diritto al riconoscimento dei fabbisogni supplementari.

Il 30 percento del reddito dei genitori che supera il fabbisogno di questi ultimi non è considerato, mentre la quota residua riduce l’assegno famigliare integrativo. Il riconoscimento di questa prestazione economica vale per sei mesi, ma può essere rinnovato in presenza dei requisiti necessari.

Per informazioni più dettagliate si prega di consultare l’opuscolo “Grundsicherung für Arbeitsuchende – Fragen und Antworten – SGB II” (Minimo individuale per persone in cerca di lavoro – Domande e risposte – II CPS) pubblicato dal Ministero Federale del Lavoro e degli Affari sociali.